giovedì, maggio 31, 2007

Phastidio.net | In Italia, privatizzare è diabolico

Phastidio.net | In Italia, privatizzare è diabolico: Le gare sono fatte così: ad un certo punto qualcuno molla e qualcuno resta“. Disse il ministro del cosiddetto sviluppo economico, Bersani, commentando l’abbandono della gara per Alitalia da parte della cordata composta dal fondo di private equity americano TPG e Mediobanca. Al di là di questa affermazione catalanesca, dovrebbe suscitare perplessità (eufemisticamente parlando) che uno specialista mondiale di ristrutturazioni societarie abbia deciso di chiamarsi fuori da una gara costruita in modo formalmente corretto, ma viziata da un enorme numero di paletti, più adatti ad un’impresa in salute che ad una realtà che accumula perdite a tappe forzate. TPG si prepara all’assalto finale ad Iberia, per rafforzare la propria presenza in Europa nell’imminenza dell’avvio dell’accordo Open Skies.

La cordata TPG difettava del requisito della nazionalità, poichè Mediobanca si era posta in posizione di finanziatore e non di azionista, e sarebbe quindi stato necessario trovare un escamotage per dare ad una entità formalmente italiana la maggioranza della newco che avrebbe acquisito Alitalia. Inoltre, TPG non aveva fatto mistero della propria volontà di offrire un prezzo d’acquisto del tutto simbolico (cioè prossimo allo zero), per tenere conto delle enormi perdite cumulate dalla nostra compagnia di bandiera. Ma gli americani avrebbero almeno posto sul piatto forti investimenti di rilancio.

Ora, restano in gara Aeroflot-Unicredito ed Air One-Intesa. L’esito della gara sembra ben pilotato verso quest’ultima cordata, con Air One che offre pochi soldi propri e molti delle banche. Non a caso, il vettore privato italiano ha di recente pesantemente rivalutato gli asset aziendali, secondo un vecchio e collaudato schema del nostro capitalismo da debito. Questa vicenda avrebbe inoltre l’aggravante di un istituto di credito che finirebbe con l’assumere il controllo finanziario di un’impresa industriale.

Come già segnalato, se Air One vincerà, si troverà titolare del 90 per cento dei diritti di volo sulla tratta italiana più remunerativa, la Milano-Roma, con buona pace dell’antitrust. Se le cose dovessero effettivamente andare in questo modo, avremmo avuto la replica (mutatis mutandis) della “privatizzazione” di Telecom, a dieci anni di distanza e sotto la stessa regia politico-affaristica. Si confermerebbe, quindi, che in Italia “privatizzare” è diabolico. E, soprattutto, impossibile.

lunedì, maggio 28, 2007

Il silenzio degli inquisiti

ilGiornale.it - Il silenzio degli inquisiti - n. 20 del 28-05-2007

di Mario Giordano - lunedì 28 maggio 2007

Lo sventurato non rispose. Povero Visco, deve avere un problema alle corde vocali. Forse una laringite fulminante. È per questo che non parla. Altrimenti uno come lui, sempre pronto a impartirci lezioni di etica avrebbe già chiarito tutto. Ci avrebbe spiegato cos'è successo col generale della Guardia di Finanza e perché ci teneva tanto a imporgli di spostare quegli ufficiali che indagavano sull'Unipol. Via: fra una tassa e l'altra, torchia di qua, tosa di là, il viceministro Torquemada avrebbe trovato il tempo di sgombrare il campo dagli equivoci. Perché altrimenti, se gli equivoci rimangono, con che coraggio continuerà a mettere le mani (eccome se le mette) nelle tasche degli italiani?
Povero Visco, senza voce, chissà come soffre chiuso nel suo silenzio doloroso. Perché, vedete, lui in genere parla molto. Non che sia una sagoma, questo no, anzi ogni volta che apre bocca c'è gente che gli viene da piangere. Però, ecco, l'uomo ci ha abituato a lunghi sermoni morali: come mai ora tace? Oddio: è vero che, pur predicando bene, è stato già più volte colto a razzolare male. Tanto per dire, è stato condannato per abuso edilizio a Pantelleria. E ha tollerato a lungo, lui paladino delle regole, la presenza di bazar abusivi proprio nei corridoi del ministero dell'Economia. Fra l'altro, quando i bazar vennero scoperti, Visco dribblò i microfoni. «Scusi, anche Ray Charles si sarebbe accorto dello scandalo...», gli obiettavano. Ma lui niente: camminò via, anche in quella circostanza, chiuso nel mutismo. Evidentemente deve trattarsi di una malattia cronica.
Per altro, a pensarci bene, non è la prima volta che accade ai nostri signori della sinistra moralmente superiore. In effetti questo mutismo di Visco ricorda l'amnesia fulminante che colpì Oscar Luigi Scalfaro ai tempi dei famosi fondi neri Sisde. «Non ci sto», disse l'allora presidente. E non ci fu verso di tirargli fuori una parola di più. Non ci sto. Che poi gli italiani ci stiano o no, essendo loro moralmente superiori, ha poca importanza. Visco deve ispirarsi a quell'insuperabile modello. Non si spreca nemmeno a dire: «Non ci sto». Tace e basta. Ah, benedetto mal di gola. Ci fosse Kant potrebbe scriverci un saggio: critica dell'etica fondata sulla laringite.
Ma sì, dai: sono decenni che teorizzano la superiorità morale della sinistra. Ci hanno macerato il tesoretto a forza di mani pulite e coscienza candida. Però, santo cielo, quando il ministro Scajola (Forza Italia) disse, chiacchierando al bar, una parola sbagliata su Marco Biagi si dimise. E si dimise pure il ministro Storace (An) quando venne sfiorato dal sospetto di spiare i suoi avversari in campagna elettorale. E lo stesso fece il ministro Calderoli (Lega) quando indossò una maglietta non proprio consona al suo ruolo. E invece questi, che hanno la superiorità morale, vengono travolti da sospetti ben più gravi di una maglietta o di una frase al bar, e che fanno? Ammutoliscono. E restano abbarbicati alla poltrona come le cozze allo scoglio. Come spettacolo, fa un po' schifo. Però almeno finalmente ci spiega cos'è questa benedetta superiorità morale: una malattia che colpisce quelli di sinistra quando la combinano grossa. I sintomi si riconoscono facilmente: loro perdono la voce. E, di conseguenza, noi perdiamo la pazienza.

Educare il padre e lo stato. La sinistra puo' governare?

"I Nas nelle scuole contro la droga" - LASTAMPA.it

Una banderuola che corre dietro a dove spira il vento non potra' mai educare, risultando contraddittoria, ricattabile e confusionaria.
La ministra della sanita' Lidia Turco con l'atteggiamento presuntuoso che la contraddistingue si affretta a dire che non vi e' contraddizione nel mandare controlli dei NAS a tappeto nelle scuole e contemporaneamente raddoppiare la soglia che delimita la quantita' oltre la quale si identifica uno spacciatore.

E' ovvio che la droga fa male, ma la ministra non e' capace di dire "ci siamo sbagliati e cambieremo linea". Teme di perdere il consenso, dimostrando che le parole della sinistra evaporano tutte come neve al sole non appena ci si ritrova la responsabilita' di governare. Cofferati ha fatto lo stesso percorso a Bologna.

Il problema e' che la lunga opera ideoligica della sinistra, attaccando il padre e la funzione paterna, educante, ha pressoche distrutto nella sinistra qualsiasi argine di valori educanti, rendendo il permissivismo e la disobbedienza delle caratteristiche specifiche del mondo di sinistra. Scontrandosi con la realta' dei problemi ora stanno rivalutando il padre ma forse e' troppo tardi, perche' rischiano cambiando di perdere la loro identita'.

Ritornando alla droga (ma anche sesso, anarchia, violenza) nella scuola, il cambio di direzione non e' stato spiegato ma viene attuato come se non vi fosse contraddizione. Questo rimarcare che "non vi e' contraddizione" sottolinea lo stato confusionale e confondente della sinistra, dove tutti gli opposti convergono e coesistono.

Se a scuola gli studenti sono abituati a fare quello che vogliono, perche' questo viene di fatto insegnato, che non sara' piu' tollerata la guida morale e delle regole, ritengono conquistato un "diritto a drogarsi liberamente" e lo spaccio diventa la normale condivisione trai compagni della cosa comune, la droga.

Vogliamo dire chiaramente ai nostri figli che condividere la droga equivale allo spaccio? Che drogarsi non e' un diritto e che non lo si puo' fare apertamente e davanti a tutti, portando in classe la modica quantita' sufficiente a far passare l'ansia degli esami?

Solo a torino in una retata in San Salvario sono stati arrestati 56 spacciatori che ogni giorno vendevano 40 dosi per un fatturato di 110, 000 euro al giorno, pari a tre milioni di euro al mese che poi sono 36 milioni di euro ogni anno, in solo un quartiere di Torino, ormai fuori controllo. Una multinazionale.

Patetici gli interventi di Amato per richiamare la cittadinanza a un piu' moderato consumo di droga. Se il 30% dei parlamentari si droga, come molti personaggi in vista nella televisione e nella societa', se l'educazione alla droga viene fatta nelle scuole di stato, la riflessione deve essere profonda e la cultura di sinistra deve fare un passo indietro sul relativismo dei diritti in modo pubblico e spiegando chiaramente le motivazioni.

A costo di perdere la propria identita'. Perche' il padre e' necessario.

domenica, maggio 27, 2007

Monti: "Le accuse ai politici fatte per spingere le riforme" - Politica - Repubblica.it

Monti: "Le accuse ai politici fatte per spingere le riforme" - Politica - Repubblica.it: "Monti: 'Le accuse ai politici
fatte per spingere le riforme'"

"Credo che i media italiani, che da anni fanno indigestione di politica enfatizzandola, estendano il teatrino della politica e la sua logica anche a persone che non hanno alcuna intenzione di diventare uomini politici. Per esempio, prima si scrive ripetutamente, anche sul suo giornale, che un tale è una "riserva della Repubblica". Poi lo si critica perché si afferma, altrettanto gratuitamente, che quel tale "si sente riserva della Repubblica". Trovo il tutto un po' comico, se non fosse preoccupante. C'è la tendenza ad applicare le categorie della politica non solo alla realtà, ma anche alla mente altrui. L'anno scorso ho avuto una forte tentazione di smetterla di intervenire su questi temi. Ma poi ho concluso che, al contrario, non bisogna lasciarsi né scoraggiare né innervosire da interpretazioni maliziose o fantasiose. Continuerò a contribuire al dibattito sulla cosa pubblica. Scrivo dal 1976 battendomi affinché si introduca in Italia una moderna economia di mercato saldamente ancorata all'Europa. Tutto sommato non sono state prediche inutili. L'indipendenza della Banca d'Italia, l'abolizione della scala mobile, l'introduzione dell'antitrust, l'ingresso nell'euro fin dall'inizio sono alcuni degli obiettivi per cui mi sono battuto. E senza che questo fosse visto in passato come il tentativo di creare un "partito" di Monti, del Corriere o di chissà chi".

"Il capitalismo italiano non è impresentabile. Ma certo ha bisogno di un radicale "restyling". Questo però non può avvenire senza una politica più incisiva e meno invasiva. Cioè più forte nell'introdurre norme rigorose nella "corporate governance" e nella democrazia economica. Ma anche meno incline a intrattenere relazioni extra-istituzionali con imprese e banche. Montezemolo, persona che apprezzo da anni, ha il merito di aver posto al centro della sua presidenza di Confindustria i valori della concorrenza anche quando questo non faceva certo piacere a tutti i suoi associati. Ma lo stesso Montezemolo sa bene che, nella mia visione, sia Confindustria sia i sindacati dovrebbero avere un ruolo un po' minore di quello che in Italia è loro conferito da una politica timida, che stenta ad abbandonare il corporativismo".

Oggi nella cultura economica, come nell'opinione pubblica, c'è una molto maggiore omogeneità di visione sul da farsi. Eppure vediamo tutti che le necessarie riforme incontrano enormi difficoltà. Allora l'attenzione si sposta dalle misure da prendere al meccanismo decisionale che non riesce a prenderle. E' inevitabile. Perciò nel 2005 ho espresso la preoccupazione che questo bipolarismo, che esaspera la concorrenza nella politica, produca poca concorrenza nell'economia e vada cambiato. Ma questo non significa delegittimare la politica. Al contrario".

"Per cambiare, per fare le riforme di cui il Paese ha bisogno, io credo che occorrano sostanzialmente tre condizioni. La prima è che ci sia una macchina decisionale in grado di farlo. E dunque che si apportino le modifiche istituzionali ed elettorali necessarie a rafforzare la capacità operativa del governo. Il secondo è che ci sia la leadership politica. Perché Aznar e Blair hanno fatto cose giuste anche se dolorose in politica economica e sono riusciti nonostante questo a vincere e rivincere le elezioni? Perché hanno dato prova di autentica leadership. La terza condizione è che quanti, come me, hanno il compito di formare l'opinione pubblica e la classe dirigente, si impegnino a fondo per spiegare, per convincere la gente della necessità e dei vantaggi che le riforme comportano. Ma tutto questo è uno stimolo alla democrazia. Non una delegittimazione. Anche io leggo le polemiche sul costo esorbitante della classe politica. Certo il problema è serio e grave. Ma quello che mi preoccupa di più è l'altro costo della politica: il costo del non decidere, del rinviare, del tirare a campare. Non vorrei meno politica, ne vorrei di più. Ma una politico con la "p" un po' meno minuscola, che non sia pura e sterile tecnica di sopravvivenza".