domenica, maggio 27, 2007

Monti: "Le accuse ai politici fatte per spingere le riforme" - Politica - Repubblica.it

Monti: "Le accuse ai politici fatte per spingere le riforme" - Politica - Repubblica.it: "Monti: 'Le accuse ai politici
fatte per spingere le riforme'"

"Credo che i media italiani, che da anni fanno indigestione di politica enfatizzandola, estendano il teatrino della politica e la sua logica anche a persone che non hanno alcuna intenzione di diventare uomini politici. Per esempio, prima si scrive ripetutamente, anche sul suo giornale, che un tale è una "riserva della Repubblica". Poi lo si critica perché si afferma, altrettanto gratuitamente, che quel tale "si sente riserva della Repubblica". Trovo il tutto un po' comico, se non fosse preoccupante. C'è la tendenza ad applicare le categorie della politica non solo alla realtà, ma anche alla mente altrui. L'anno scorso ho avuto una forte tentazione di smetterla di intervenire su questi temi. Ma poi ho concluso che, al contrario, non bisogna lasciarsi né scoraggiare né innervosire da interpretazioni maliziose o fantasiose. Continuerò a contribuire al dibattito sulla cosa pubblica. Scrivo dal 1976 battendomi affinché si introduca in Italia una moderna economia di mercato saldamente ancorata all'Europa. Tutto sommato non sono state prediche inutili. L'indipendenza della Banca d'Italia, l'abolizione della scala mobile, l'introduzione dell'antitrust, l'ingresso nell'euro fin dall'inizio sono alcuni degli obiettivi per cui mi sono battuto. E senza che questo fosse visto in passato come il tentativo di creare un "partito" di Monti, del Corriere o di chissà chi".

"Il capitalismo italiano non è impresentabile. Ma certo ha bisogno di un radicale "restyling". Questo però non può avvenire senza una politica più incisiva e meno invasiva. Cioè più forte nell'introdurre norme rigorose nella "corporate governance" e nella democrazia economica. Ma anche meno incline a intrattenere relazioni extra-istituzionali con imprese e banche. Montezemolo, persona che apprezzo da anni, ha il merito di aver posto al centro della sua presidenza di Confindustria i valori della concorrenza anche quando questo non faceva certo piacere a tutti i suoi associati. Ma lo stesso Montezemolo sa bene che, nella mia visione, sia Confindustria sia i sindacati dovrebbero avere un ruolo un po' minore di quello che in Italia è loro conferito da una politica timida, che stenta ad abbandonare il corporativismo".

Oggi nella cultura economica, come nell'opinione pubblica, c'è una molto maggiore omogeneità di visione sul da farsi. Eppure vediamo tutti che le necessarie riforme incontrano enormi difficoltà. Allora l'attenzione si sposta dalle misure da prendere al meccanismo decisionale che non riesce a prenderle. E' inevitabile. Perciò nel 2005 ho espresso la preoccupazione che questo bipolarismo, che esaspera la concorrenza nella politica, produca poca concorrenza nell'economia e vada cambiato. Ma questo non significa delegittimare la politica. Al contrario".

"Per cambiare, per fare le riforme di cui il Paese ha bisogno, io credo che occorrano sostanzialmente tre condizioni. La prima è che ci sia una macchina decisionale in grado di farlo. E dunque che si apportino le modifiche istituzionali ed elettorali necessarie a rafforzare la capacità operativa del governo. Il secondo è che ci sia la leadership politica. Perché Aznar e Blair hanno fatto cose giuste anche se dolorose in politica economica e sono riusciti nonostante questo a vincere e rivincere le elezioni? Perché hanno dato prova di autentica leadership. La terza condizione è che quanti, come me, hanno il compito di formare l'opinione pubblica e la classe dirigente, si impegnino a fondo per spiegare, per convincere la gente della necessità e dei vantaggi che le riforme comportano. Ma tutto questo è uno stimolo alla democrazia. Non una delegittimazione. Anche io leggo le polemiche sul costo esorbitante della classe politica. Certo il problema è serio e grave. Ma quello che mi preoccupa di più è l'altro costo della politica: il costo del non decidere, del rinviare, del tirare a campare. Non vorrei meno politica, ne vorrei di più. Ma una politico con la "p" un po' meno minuscola, che non sia pura e sterile tecnica di sopravvivenza".