domenica, agosto 27, 2006

Promesse Liberali

di Marco Baldassari

La creazione della "Intesa di San Paolo" prima banca italiana di livello europeo, con una chiara bandiera cattolica nel suo nome, ha segnato l'uscita dai confini del territorio italiano per la finanza nostrana. Siamo europei, nel mondo globale.

Quindi dobbiamo educare gli italiani e le istituzioni al mercato globale e alle sue regole, che esistono e delle quali si deve tenere conto se si vuole fare impresa. Una prima regola e' che vi sia concorrenza, in modo che il mercato - i clienti - possano scegliere le migliori condizioni di qualita' e di minore prezzo, senza che una posizione dominante possa governare il mercato imponendo le proprie condizioni. Qualche perplessita' sull'aspetto dominante della "santa intesa" viene spontanea: oltre a detenere il 44% di Bankitalia, sarà anche il maggior azionista della Consob con oltre il 18%. Azionisti di riferimento: le fondazioni bancarie, la cui natura e' una anomalia tutta italiana. Non sono fondi di investimento ma hanno un sacco di soldi e non si capisce bene di chi sono e chi le comanda.

La seconda regola e' che le aziende siano dotate di capitali propri, per non dipendere dalle banche, i cui prestiti devono essere considerati come opzione economicamente vantaggiosa e non come condizione sine-qua-non per operare. Sappiamo che tutte le aziende italiane non sono sufficientemente capitalizzate e che dipendono dalle banche. Sappiamo anche cosa e' successo con Parmalat.

Il capitale investito, motore primo dell'impresa, deve essere privato e posto al rischio di impresa per sostenere le attivita' e gli investimenti necessari per realizzare e vendere nel mondo intero prodotti italiani. Questo capitale deve essere in mano ai privati che mettano i soldi nel capitale delle aziende in cambio di Equity, Azioni. Purtroppo spesso i privati affidano i loro risparmi alle banche e di impresa non ne vogliono sentir parlare, anche perche' comprendono bene i rischi e non si fidano della trasparenza - governance - e dei possibili ritorni economici. Diciamo anche che manca la cultura di impresa e del valore di intraprendere. Chi si espone ai rischi di impresa non e' considerato un vincente, anzi...

Le banche prestano risorse a debito e possono aiutare facendo leva sul capitale investito, ma non possono e non devono diventare il socio di maggioranza, che deve essere costituito da soldi privati, vendendo azioni su un mercato azionario che ancora non esiste nella cultura italiana. Le imprese devono essere capitalizzate perche' hanno bisogno di soldi per crescere e non devono distribuire le loro risorse.

Nel cambiamento culturale necessario per lo sviluppo italiano, le parole di Bersani sono una promessa che porta fiducia, se avra' il coraggio nel proseguire nonostante tutto e nonostante tutti nel disegno di liberalizzazione:

"E' certo che andremo avanti nelle liberalizzazioni, certamente andremo avanti sull'energia, sugli ordini professionali, sulle telecomunicazioni"

"Nel '96 ho iniziato ed ho fatto la liberalizzazione del mercato energetico e sono finito sui volantini delle Br e lì mi hanno messo la scorta; ho fatto la liberalizzazione del commercio e Tremonti è sceso in piazza con i commercianti a bruciare le licenze nelle piazze nella opposizione più violenta mai fatta; poi, come ministro dei Trasporti, ho fatto la liberalizzazione del trasporto ferroviario in Italia, pochi se ne sono accorti ma ora in Italia viaggiano le merci su diverse aziende e spero che possa succedere anche per i passeggeri; è arrivato questo governo qua ed ho tenuto un pochino di competenze in più sulla concorrenza ed ho fatto queste liberalizzazioni e mi sento dire che non ho fatto niente".

"Sono stupefatto di come, in un Paese come il nostro, qualsiasi limitato cambiamento susciti reazioni al punto di dovere girare con la scorta. Io non voglio la scorta, voglio un Paese civile dove se fai delle cose che fanno tutti nel mondo non si inventano volgarità del tipo che fai piacere alle cooperative".

"La liberalizzazione della vendita dei farmaci era scritta nei nostri programmi, lo dicevo ai convegni da anni. Andate a chiedere all'Unipol, che è una cooperativa, cosa pensa della liberalizzazione nelle assicurazioni".

Segnalo a Bersani che il sistema ferroviario per i passeggeri - avendone di recente fatto uso intensivo - sta collassando e non e' in grado di far viaggiare un treno senza inconvenienti da Napoli a Torino, essendo frequente la "fusione" della motrice.

Attenzione a come si fanno le liberalizzazioni, evitando e gestendo in partenza le posizioni dominanti in modo da rendere concreta e possibile la concorrenza, unico lato positivo del libero mercato.

In questo, Bersani-Visco farebbero bene a mettere in maggiore competizione le grandi imprese dominanti, da diecimila e oltre dipendenti, evitando di mettere ulteriori gravami e difficolta' ai liberi professionisti, imprenditori di se stessi, che sono liberali per necessita' in un mercato gia' di per se estremamente competitivo. Meglio di me ha gia' scritto in proposito Claudio Rise'.

Sono precari e soli, riuniti in ordini professionali che sono il loro unico welfare. Anzi, a ben vedere sembra un modo di ridurre l'indipendenza delle professioni, in un disegno che mira a rendere tutti dipendenti, ovvero il contrario della liberalizzazione come spiega bene un avvocato che del liberalismo fa la sua bandiera:
"Se dovra' essere il mercato a stabilire le tariffe "eque", ci vorra' del tempo per capirlo e probabilmente le stesse rimarranno invariate dal momento che in definitiva le stesse gia' da anni erano solo un parametro di riferimento poco vincolante.

Gli unici a ribassarle saranno gli avvocati delle banche e delle assicurazioni semplicemente perche' banche e assicurazioni sono quegli istituti che affidano masse rilelvanti di pratiche in serie, tipo recuperi crediti, ipoteche, pignoramenti, sinistri stradali, e quindi se prima avevano il potere contrattuale di scrivere all'avvocato una letterina con la quale precisavano che avrebbero pagato solo i minimi tariffari, ora potranno scrivere che pagheranno solo la meta' dei vecchi minimi tariffari, e se non va bene arrivederci e grazie.

Ma per la generalita' dei cittadini non cambiera' niente: al massimo ribasseranno ulteriormente gli avvocati giovani senza costi di un grande studio che si trovano costretti a svendersi e a seguire pratiche su cui non hanno esperienza pur di avere qualche cliente, potendo praticare prezzi stracciati solo in quanto lavorano in pigiama e nel tinello di casa loro, senza spendere nemmeno per libri e riviste di aggiornamento, con tutto quel che ne consegue sul piano della qualita' della loro prestazione.

Ma il punto non e' questo: il punto e' che - nonostante quel che viene raccontato - l'Ordine degli avvocati - che di fatto deve contrattare con il ministero, cioe' con lo Stato, le tariffe che propone e che di fato sarebbe da abolire assieme agli altri ordini professionali in quanto "corporativo, castale, illiberale" - in realta' non e' mai stato un organo dello Stato, come invece lo e' la magistratura, bensi' e' nato ed e' sempre stato una associazione nata dal basso, e non per ordine del sovrano.

Hanno riconosciuto rilevanza pubblica all'ordine perche' ha la funzione di garantire la difesa in giudizio dei cittadini, che e' caratteristica di tutte le societa' civili dove non ci si fa giustizia da soli. Pero' e' sempre stato, di principio, una associazione, una espressione della societa' e non dello Stato.

E allora, ancora una volta: di cosa parliamo quando parliamo di "equita'", in termini economici? E di cosa parliamo quando parliamo di concorrenza, di liberta', di statalismo, di mercato, di corporazioni, di privilegi, ecc. ecc.?

Quando si tratta di ripensare certi argomenti per prima cosa bisognerebbe rileggersi la dichiarazione di indipendenza degli stati uniti d'america, che non a caso e' nato proprio a seguito di problemi di tasse e di rapporti economici."